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Novembre, gioco a dissolvere
di fradicio buio precoce.
Seduto su una panchina,
solitarie folate m'attraversano.
Un brivido appena, un pallore:
la carne si sfa come le foglie a terra,
si trasforma in un'ombra volatile.
E la mia immobilità sempre più oscura
è la stessa d'una statua d'aria.
Un giorno o una notte la vecchiaia,
fiato di gelo, per le fessure
penetrerà del corpo,
soffierà prendendo impeto
polvere di diamante
su brulle pianure, v'insedierà
sotto astri sorgenti dal nulla
i suoi padiglioni...
Come tronchi scortecciati
avvizziremo, scoloriranno
le pupille dietro palpebre
dense d'ombre. Cieca
sarà l'altalena del dolore,
sola in uno spazio informe
senza mari, senza aurore,
dominio e strazio del vento...
Illusoria purezza, fiato
d'angeli contro vetri invernali.
Soccombente nella pioggia
come le foglie marce a terra.